Introduzione
Per far crescere la mia azienda ho bisogno di assumere. Ma come devo assumere? È meglio farlo con un lavoratore dipendente o un collaboratore a partita iva?
Qual è la differenza fra le due assunzioni? Qual è la più conveniente e soprattutto quale posso mettere in atto per sfruttare al meglio le mie opportunità di crescita?
Il contesto delle aziende odierne, che caratterizzano il nostro tessuto economico, è quello di avere un team molto piccolo, composto da persone di fiducia, e di circondarsi di collaboratori per lo più esterni. Questo è il trend che riscontro maggiormente nelle aziende, ma è sempre possibile farlo?
Ecco, ora vedremo la differenza tra il lavoro dipendente e il lavoro a partita iva,con cenni anche a quello che molti imprenditori utilizzano per bypassare le regole, ossia la prestazione occasionale.
Ma non solo, vedremo anche quali sono le conseguenze nel caso in cui venga riqualificato il lavoro perché in realtà la partita iva era solo un mezzo fittizio per risparmiare INPS e IRPEF.
Lavoratore dipendente o collaboratore a partita iva: le differenze
I confini tra il lavoratore dipendente ed il collaboratore a partita iva sono spesso molto labili. Esistono degli indicatori in grado di convertire le nostre scelte e riqualificare il lavoro secondo la disciplina giuslavoristica, per questo è necessario prestare la massima attenzione.
Collaboratore a partita iva
Il lavoro a partita iva è caratterizzato da maggiore flessibilità in ordine di luogo e di tempo. E’ dunque ovvio che un lavoratore a partita iva che risiede e lavora quotidianamente negli uffici del committente possa essere considerato fittizio.
Ma con un collaboratore a partita iva cosa risparmia effettivamente l’azienda?
- IRPEF (ma risparmia anche il lavoratore a partita iva in termini di IRPEF, perché se lo vedrà applicato solamente all’utile)
- INPS, in quanto la contribuzione è minore rispetto a quella che avrebbe se fosse assunto come dipendente
- Risparmia le indennità che non spettano al collaboratore a partita iva: ferie, permessi, malattia ecc.
Prestazione occasionale
Esiste ancora una disciplina, a mio avviso ancor più inflazionata, che bypassa totalmente le regole: la prestazione occasionale. Ma ci sono dei limiti ben precisi:
- La prestazione deve essere occasionale e non continuativa
- Non deve essere una prestazione organizzata
- Limite di ricavi, 5mila € lordi annui, oltre il quale si pagherebbe la Gestione Separata INPS
- Limite temporale: non possono essere superati i 30 giorni di lavoro continuativi.
Attenzione: l’Ispettorato del lavoro è molto attento a questo tipo di collaborazioni, non solo: una doglianza del prestatore di lavoro ai sindacati potrebbe, infatti, portare l’azienda a dover rispondere, a dover rifondere determinati costi che pensava di aver risparmiato con interessi e sanzioni.
Contratto a progetto
Un confine, anch’esso labile, esiste tra un lavoratore a partita iva e un lavoratore con contratto a progetto, ovvero dove è presente un progetto specifico da realizzare.
Ci sono indicatori, costruiti da una giurisprudenza, che fanno sì che un lavoro effettuato a partita iva sia riqualificato in lavoro a progetto. Ovviamente con delle eccezioni.
Questi indicatori sono:
- La durata: ad esempio se per 8 mesi su 12 per due anni consecutivi il lavoratore a partita iva ha lavorato presso la sede del committente
- I compensi per la sua attività sono per l’80% derivanti da quel committente.
Facciamo un esempio pratico: se un lavoratore a partita iva lavora per 2 anni consecutivi per più di 8 mesi nella sede del committente e delle sue fatture l’80% dei ricavi deriva da quel committente allora c’è presunzione che questa non sia una collaborazione a partita iva, ma una partita iva fittizia, ossia in realtà un contratto di lavoro a progetto su un progetto specifico.
Qualora, invece, non si ravvisi il progetto specifico allora c’è la riqualificazione in termini di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato della prestazione, con tutto un ricalcolo che, generalmente, i consulenti del lavoro esperti fanno per conto dei sindacati che poi faranno valere in giudizio, o in sede extragiudiziale se viene trovato un accordo prima.
Collaboratori a partita iva: le specificità tecniche
Quali sono, allora, i casi in cui il mio collaboratore a partita iva è tale e non è possibile che la Polizia Tributaria me lo riqualifichi?
Esistono dei casi. Ad esempio quando il collaboratore a partita iva è iscritto ad un Albo: notai, architetti, geometri, infermieri, giornalisti, avvocati, commercialisti in questo caso le presunzioni non operano perché c’è una specificità tecnica.
La specificità tecnica può essere comprovata anche da un altro indicatore: il compenso che è più alto rispetto a quello che si darebbe ordinariamente ad un lavoratore dipendente. Il lavoratore a partita iva, costa di più perché ha delle specifiche tecniche: studi, certificati, prove che è competente in quelle materie più della media. E’ quindi un lavoratore autonomo che si organizza tutta questa parte del lavoro da solo.
Ecco questo è il discrimine fondamentale: le specificità tecniche (iscrizione ad un Albo, compenso più alto, competenze). Queste vanno valutate quando ci circondiamo di professionisti tali, perché ci permettono di avere un collaboratore a partita iva senza problemi.
Ad esempio: all’interno della mia azienda io ho sia collaboratori a partita iva, e guarda caso sono i commercialisti, i consulenti del lavoro, gli avvocati, sia i dipendenti che sono invece tutti quelli che operano quotidianamente e che lavorano quotidianamente all’interno dell’azienda, ma ho anche collaboratori a prestazione occasionale perché fanno effettivamente delle prestazioni occasionali. Il discrimine tra le varie categorie è fondamentale.
Conclusione
Dobbiamo stare attenti sul diritto del lavoro. Ci sono tantissimi modi per risparmiare sulle tasse, ma credo che il peggiore di tutti sia risparmiare sulle persone!
Quindi massima linearità su questo e avanti per tutto il resto.